Lavoro precario a 50 anni, è ancora allarme suicidi

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Il suicidio di un insegnante precario 50 enne ha riportato sotto i riflettori la grave crisi occupazionale dei lavoratori maturi. Un’ampia fetta di popolazione vive il dramma del precariato senza fine e quando anche il lavoro precario finisce, inizia il dramma della disoccupazione a 50 anni, età delicata perché in Italia i lavoratori maturi sono considerati non appetibili dal mercato del lavoro, forse perché, a non essere “maturo” è proprio il mercato, incapace di assorbire stabilmente soggetti con esperienza e con formazione professionale consolidata.

Carmine Cerbera, 48 anni, era un insegnante di storia dell’arte di Napoli: si è tolto la vita venerdì scorso senza lasciare messaggi, ma solo un laconico commento su Facebook in cui sottolineava di “essere triste perché il ministro Profumo ci sta distruggendo il futuro”.

Le recenti modifiche normative dell’accesso all’insegnamento e delle procedure dei concorsi della scuola rischiano di tagliare fuori dal lavoro stabile migliaia di insegnanti.

Il gesto del professore napoletano è certamente emblematico di un sistema economico ormai al collasso e rappresenta l’ennesimo suicidio di chi, vittima innocente ed incolpevole del sistema, non riesce a scorgere una via d’uscita.

Nel web oggi serpeggia la polemica, che si concentra in una sola definizione, ovvero quella dei “suicidi di Stato”. Possono il precariato e la disoccupazione indurre al suicidio? A guardare i fatti sembra proprio di sì. Solitamente il suicidio è l’ultima fase di un processo depressivo scatenato dal dramma del precariato o della disoccupazione senza uscita e quando la speranza viene soppiantata dalla disperazione, il passo verso l’uccisione di se stessi diventa molto breve.

I suicidi della crisi economica annoverano anche imprenditori alle prese con le proprie aziende fallite, operai delle fabbriche, ricercatori, insegnanti precari, disoccupati di lunga durata.

Tutte queste drammatiche condizioni naturalmente non possono giustificare un suicidio perché la vita dovrebbe valere molto di più del lavoro e del danaro, ma certamente i gravi problemi di sopravvivenza causati dal precariato e dalla disoccupazione, specie a 50 anni, possono indurre pensieri autodistruttivi.

I suicidi della crisi possono essere fermati solo da una politica più attenta ai problemi delle persone e meno “sottomessa” alle ciniche regole della finanza e della stabilità dei conti.

Fonte immagine: Sintesi.it

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