Sentenza Cassazione compravendita posti di lavoro

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In questo post riportiamo una curiosa sentenza della Cassazione ( n 35352 del 30-09-2010) riguardante una truffa sul lavoro, o meglio la falsa promessa di un posto di lavoro dietro pagamento di una cospicua somma.

Un padre aveva versato la somma di 30 mila euro ad una persona, dietro la promessa di un posto di lavoro alle Poste per le figlie. L’accordo, rivelatosi poi una truffa, ha portato ad un processo in cui il millantatore è stato condannato per truffa aggravata.

Il condannato, in Cassazione, alla richiesta di risarcimento, ha presentato opposizione adducendo la norma che il risarcimento non è dovuto se il contraente viola il buon costume. La Corte è stata chiamata ad esprimersi proprio sul concetto del buon costume: nel caso in cui un padre paghi per comprare un posto di lavoro ai  figli, commette una violazione dei buon costume o un’azione corruttoria?

Dall’esame della Suprema Corte, è emerso che nel caso specifico non c’è stata nessuna violazione del buon costume, ma un vizio di volontà dovuto ad una frode in cui si millanta una cosa inesistente, nel caso di specie la promessa di un posto di lavoro. Sulla base di queste motivazioni il truffatore è stato condannato a risarcire il padre truffato.

Le sentenze della Cassazione a volte lasciano spazio a tante perplessità. E’ normale per un padre versare denaro per far assumere i figli? Anche senza merito, anche se non sono capaci di fare nulla? Certo un padre per i figli farebbe qualsiasi cosa, ma se questa prassi trovasse conferma in sede giurisprudenziale, sarebbe un problema.

Per essere precisi: i truffatori vanno sempre condannati, ma bisogna  far capire ai padri che è meglio che i figli siano in grado da soli di costruirsi un futuro, piuttosto che comprargli il lavoro come fosse una comune merce di scambio.

Fonte immagine: plusultraroma3.wordpress.com

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