Mal di lavoro: la sindrome del precario

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Sappiamo bene che il lavoro nobilita l’uomo e che quello impegnato in una professione qualsiasi si sente gratificato e autorizzato a crearsi una famiglia, comprarsi una casa, una macchina e perché no un cane. Ma cosa accade quando il lavoro lo si ha, ma la durata dell’impiego è incerta? Insomma cosa accade quando un lavoratore è un precario?

Spesso si viene colpiti da una nuova, nuovissima sindrome, per lo meno per l’Italia, che gli psicologi di tutta la penisola hanno definito sindrome da crisi economica o meglio ancora sindrome del precario. Assurdo? No, è tutto vero!

Sembrerà anche strano, ma in questo paese fatto nelle sue più alte sfere di festini, droga, concezione del sesso deviata e trasfigurata, c’è ancora chi lavora, e quando il lavoro è incerto è ovvio: saltano i nervi.

La crisi di nervi è infatti uno degli elementi che caratterizzano questa sindrome, accompagnata da stress, ansia, frustrazione, notti in bianco e depressione. Si tratta di una serie di esteriorizzazioni che vanno a braccetto e sono conseguenza diretta del vivere perennemente in uno stato di insicurezza, di totale incertezza, altalenando fra impieghi con date di scadenza, rinnovi incerti e disoccupazione dietro l’angolo.

A  rendere particolarmente grave la sindrome è il fatto che i sintomi vengono spesso nascosti sia a se stessi sia agli altri, per la stessa natura del problema, e soprattutto il silenzio, la solitudine corrodono dall’interno chi ne soffre. Non è un caso che sempre più giovani passino notti in bianco e a lavoro arrivino ansiosi e agitati. Perché? Perché ogni giorno potrebbe essere quello buono per essere congedati; il datore di lavoro diventa un nemico e naturalmente un traditore, per lo meno a livello potenziale. La necessità di assecondare la volontà del superiore crea rabbia che viene sfogata con le persone più care, con i familiari e con gli amici di rientro da lavoro. Una situazione che degenera i rapporti familiari e sociali in genere. Insomma un gatto che si mangia la coda

I primi sintomi secondo Paola Vicinguerra, presidente dell’Eurodap, l’Associazione Europea disturbi attacchi di panico, che ha tracciato l’identikit di questi lavoratori atipici, sono la tachicardia, l’insonnia, la tensione, i dolori articolari ed il costante mal di testa, qualcosa con cui non si scherza insomma. Secondo le ricerche svolte dall’associazione su 300 persone intervistate online il 70% ha rivelato di concepire il proprio posto di lavoro come la maggiore fonte di stress della propria vita, si capirà come l’elemento lavoro, quello che ieri era un collante necessario per la vita, oggi non faccia altro che complicarla e renderla più ansiosa.

A dipingere ancora più traballante la situazione di questi lavoratori il sistema normativo, che legge dopo legge si interessa sempre meno della condizione di questi lavoratori, abbandonati a se stessi. Per curare la sindrome si stanno tentando terapie innovative e sperimentali, ma certo l’unica vera soluzione sarebbe regalare al lavoratore la certezza e la sicurezza di cui ha diritto! Per ora l’unica prospettiva per il lavoratore che presenta i sintomi della sindrome da precariato è, ahimè, conviverci, imparando ad affrontare ansia e tensione. Come? Ce lo dovrebbe spiegare chi pensa che il lavoro ad intermittenza, a chiamata e precario sia uno stimolo per il lavoratore, non una condanna!

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