Il lavoro è un diritto garantito dalla Costituzione che proprio all’articolo 1 esordisce con la storica frase: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro…”.
Di quale lavoro parlassero i padri del nostro amato dettato costituzionale ormai non ci è più dato sapere, ma di certo si riferivano ad una concezione del lavoro fatta di regole certe e di diritti regolarmente difesi e tutelati.
Da allora è passato più di mezzo secolo e di quel principio non si intravedono ormai né il ricordo e nemmeno l’ombra più sbiadita.
Il concetto di lavoro, da qualche anno a questa parte, è radicalmente cambiato: non si rispettano diritti; mancano le opportune misure per la tutela dell’occupazione stabile ( complici le leggi ad hoc sulla flessibilità e le perduranti crisi economiche e finanziarie); mancano le opportunità.
Certo, in un simile quadro, pensare al posto fisso di una volta è pura follia: il lavoro va imparato, inseguito o creato con il proprio talento e le proprie capacità.
Ed è qui che casca l’asino. Perché anche se uno ci mette talento, creatività e passione, non è detto che riesca a conquistare un posto di lavoro.
L’Italia sta diventando sempre più una nazione sorda ai richiami della meritocrazia e facile preda di costumi ed abitudini che si affratellano con il lavoro e le carriere costruite solo sulla base delle amicizie, delle conoscenze, dei favori e dei privilegi.
In un precedente post avevamo scritto che i “falsi” miti sul mondo del lavoro erano tutti da sfatare.
Ma se dopo esserci epurati dalle illusioni continueranno ad entrare sul mercato sempre e soltanto i soliti noti o gli amici degli amici, vorrà dire che nel nostro paese il lavoro non è più un diritto, ma solo un sordido privilegio.
E se tale privilegio umilia e discrimina padri di famiglia che non sanno come mantenere mogli e figli, allora siamo di fronte ad una palese violazione del dettato costituzionale.
Il lavoro, come diritto ad una condizione di vita dignitosa, è il minimo che uno Stato dovrebbe garantire ai suoi cittadini, come accade in altri paesi.
Se poi uno si arricchisce perché è bravo, tanto di guadagnato. Se fa carriera solo perché è un privilegiato, allora non va affatto bene. Da ricordare, a chiare lettere: il lavoro è un diritto, non un privilegio ( vedi l’art. 1 della Costituzione).
Fonte immagine: http://laclasseoperaia.blogspot.com/2009_11_01_archive.html