Che stress e lavoro vadano a braccetto lo avevamo già ricordato in qualche articolo precedente, ma oggi si esagera. Ad evidenziare la situazione la Ispesl, l’Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro che rende noto come nell’Unione Europea un lavoratore su quattro, circa 40 milioni di persone siano stressate dal lavoro che svolgono. Questo si concretizza nel 50/60% di giornate lavorative perse.
Ma cosa causa questo stress? Principalmente i cambiamenti strutturali del mercato del lavoro, che spingono al massimo le prestazioni del lavoratore, lo mettono sotto pressione causando forti attacchi di stress, la possibilità latente di perdita del lavoro, la flessibilità del mercato caratterizzato da nuove forme contrattuali che non regalano alcuna sicurezza.
Il corrispettivo di una situazione di per se già gravissima è l’incremento all’interno dell’Unione Europea dei costi sanitari che si aggirano intorno ai 20 miliardi, molti dei quali spesi indovinate un po’ per curare patologie legate allo stress.
A mettere il lavoratore in situazione di pressione emotiva è oltre la situazione sopra descritta, anche il timore da parte dei lavoratori di perdita la propria capacità produttività all’interno dell’azienda. Sembra si sia formato una sorta di squilibrio cognitivo nel dipendente che percepisce inadeguate ed insufficienti le sue capacità per far fronte agli impegni che la società per la quale lavora gli impone.
Ma nel mondo del lavoro tutto tace, non cambiano i modelli di gestione delle risorse umane, ne tanto più l’organizzazione del lavoro. La situazione disegnata dall’Ispesl è insostenibile, i mutamenti necessari. A non essersene accorti solo i signori che muovono le fila del mondo del lavoro.