Lavorate nel mondo dei contenuti web o scrivete articoli per vari siti che da un giorno all’altro vi hanno rimosso dall’incarico? Se vi è accaduto questo non dipende da voi o dalla vostra scrittura, ma dal fatto che tanti piccoli siti stanno finendo nel calderone dei bannati da Google Adsense.
Per big G ogni scusa è buona per togliere di mezzo portali di piccole dimensioni che non fruttano molto in termini di vendite per gli inserzionisti. Una volta si parla di click fraudolenti, un’altra di presunte violazioni del programma Adsense, tutto, insomma, fa brodo, per comunicare ai piccoli publisher di essere stati rimossi dal programma pubblicitario che consente di ottenere dei ricavi mensili pubblicando annunci cliccabili dai visitatori.
Non è escluso che sui siti affiliati ad Adsense si possano verificare delle irregolarità, ma spesso queste sono causate da soggetti esterni che fanno di tutto per danneggiare un determinanto sito. Google, nel decidere il ban, cerca chiaramente di tutelare gli inserzionisti, ma quando un publisher presenta ricorso evidenziando la sua estraneità alle violazioni, è raro che venga riammesso al programma.
La stragrande maggioranza dei siti web italiani si basa esclusivamente sul programma Adsense, non essendo in grado, per via della concorrenza e delle piccole dimensioni delle loro piattaforme, di proporre forme alternative di guadagno.
Il danno maggiore è per le catene di minisiti che sono stati creati apposta per guadagnare con Adsense. Se il publisher di un piccolo network di siti riusciva a guadagnare uno stipendio mensile ( tasse escluse) dal programma Adsense, il ban può rappresentare davvero il fallimento dell’attività. Per sopravvivere al ban di Adsense bisogna studiare a priori altre forme di guadagno alternative, magari affidandosi ad altri circuiti di affiliazione pubblicitaria pay per click o altro.
Esistono altri circuiti di affiliazione che, però, per l’ammissione ai loro programmi, chiedono un numero minimo di visitatori e di pagine viste, scartando a priori i siti con numeri lievemente inferiori agli standard imposti.
La guerra della pubblicità web si fa sempre più dura, anche perché in tempi di crisi gli inserzionisti sono sempre meno e quei pochi rimasti pretendono altissime performance in termini di riuscita delle campagne pubblicitarie.
Con un solo sito, dunque, è ormai impossibile sopravvivere e se il web nazionale è composto per la maggior parte da una schiera di micrositi, il crollo della pubblicità potrà rappresentare il vero motivo di crisi e di disoccupazione per tutti coloro che operano nel mondo dell’informazione web e della scrittura di contenuti.
Fonte immagine: Iphoneandgo.it