Genitori in congedo, s.o.s. malattia figlio.

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La società, considerata in senso lato come il risultato di un determinato assetto statale e di un ordinato complesso di regole, per funzionare necessita di una pluralità di elementi.                                                   E quanto più armonioso è il rapporto tra le sue parti  tanto più funziona lo Stato. In questo senso il legame tra famiglia e lavoro va considerato con particolare attenzione, perché questi due fattori sociali, che rappresentano le unità fondamentali della nostra società, sono in continuo contatto e reciprocamente influenzabili.
Per dirla in breve il lavoro, in quanto fonte di reddito, è funzionale al sostentamento della famiglia. Ma, di contro, la famiglia, molto spesso, è il motore emotivo che porta l’individuo a sostenere il peso del lavoro. Ciò è tanto più vero in questo momento storico di crisi del lavoro, momento in cui la scarsità dell’offerta lavorativa impedisce di scegliere la propria collocazione, costringendo molti ad accettare posizioni e mansioni che non li rappresentano e non li soddisfano.

In linea teorica lo Stato è chiamato a garantire la coesistenza tra lavoro e famiglia. Nella pratica dovrà imporre con legge una maglia di istituti pensati per evitare che queste due fondamentali cellule della società entrino in contrasto.
È appena il caso di sottolineare che per favorire il rapporto armonioso tra lavoro e famiglia, il primo elemento, ovvero il lavoro, va massimamente umanizzato.

Su questo sfondo si colloca la disciplina della Malattia Figlio, di cui al D.Lgs. n°151\2001. Tale decreto, partendo dal dato oggettivo dell’età del bambino che si ammala, disciplina due distinte ipotesi di astensione del genitore dal lavoro per malattia figlio:
– il congedo per la malattia di ciascun figlio che non abbia superato il terzo anno di vita;
ed
– il congedo per la malattia di ciascun figlio che abbia un’età compresa tra i 3 e gli 8anni.

Quali sono le differenze tra questi due distinti congedi?

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Il primo non subisce nessun limite in termini di giorni di assenza, diversamente il secondo subisce il limite individuale di 5 giorni lavorativi di assenza all’anno.
È chiaro che questa previsione tiene conto del fatto che un bimbo piccolissimo possa avere enormi difficoltà ad accettare che durante una malattia lo accudiscano persone diverse dai genitori.

Per regola generale le assenze per malattia del figlio non prevedono retribuzione. Sebbene, in sede di contrattazione aziendale, è invalsa la pratica di prevedere norme di miglior favore. In questo senso nei comparti pubblici è garantita la piena retribuzione per un tetto massimo di 30 giorni annui di malattia figlio, purché si tratti di bambini entro il terzo anno di vita.
Sotto il profilo previdenziale, invece, è prevista la così detta contribuzione figurativa.

Il congedo per malattia figlio, ancorché spetti di diritto ad entrambi i genitori, può essere sfruttato dalla mamma e dal papà solo alternativamente. Ovvero, la legge vieta in modo esplicito ai genitori di fruire in contemporanea del congedo per lo stesso figlio.
Chiaro è che se la coppia di lavoratori ha due bambini, in caso di malattia comune dei piccoli, ciascun genitore potrà legittimamente invocare il congedo di propria spettanza per uno dei figli.

A norma di legge la malattia del bambino va documentata attraverso valida certificazione medica.
In questo senso avrà valore giustificativo un certificato rilasciato da un medico del servizio sanitario nazionale o da uno specialista convenzionato. Non essendo ammessa,  per esplicita previsione normativa,  la visita fiscale del piccolo.
Il legislatore ha, in pratica, previsto un iter diverso rispetto a quello della malattia del lavoratore. E lo ha fatto nel totale rispetto del minore, della sua sensibilità e della sua fragilità; comprendendo come sarebbe stato poco opportuno sottoporre il piccolo ad un ulteriore accertamento medico praticato da persona a lui del tutto sconosciuta.
La scelta di usufruire del congedo per la cura del figlio è libera ed incondizionata; in poche parole, a fronte di una qualsivoglia malattia, la scelta di rimanere accanto al bimbo, piuttosto che andare a lavoro, è rimessa alla soggettiva valutazione del genitore. La legge, in tal senso, non limita il congedo con indicazioni di gravità della malattia.

Dott.ssa Federica Federico

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