Conseguenze disoccupazione a 50 anni

0
229

In un precedente post avevamo parlato delle conseguenze della disoccupazione in senso generale. Stavolta vogliamo farlo riferendoci alla categoria più colpita dalla crisi: i cinquantenni.

I lavoratori di mezza età stanno vivendo il dramma dei licenziamenti seguiti dall’impossibilità di reinserirsi facilmente nel mondo del lavoro, perché considerati, a torto, troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per la pensione. Le conseguenze della perdita del lavoro a 50 anni stanno assumendo anche i contorni della tragedia, con episodi di suicidio sempre più frequenti.

Le statistiche parlano di un sensibile incremento dei suicidi in seguito alla crisi economica del 2009, anche se altri studi smentiscono questo dato considerando i suicidi come un fenomeno che è sempre esistito. Eppure i suicidi dei disoccupati e degli imprenditori che non ce l’hanno fatta a reggere le nefaste conseguenze della crisi, non possono e non devono passare sotto silenzio, anzi bisogna parlarne, per fermare in tempo ulteriori tragedie.

Dai dati sembra che i suicidi per motivi economici riguardino più gli uomini che le donne. Il fenomeno si può spiegare con il ruolo tradizionalmente ricoperto dall’uomo in seno alla società e alla famiglia, ruolo che lo vede impegnato in attività professionali necessarie a portare i soldi a casa e a mantenere se stesso e i propri cari.

Le donne, invece, prese dagli impegni casalinghi e dalle cure per i figli reagiscono meglio alla frustrazione della perdita del lavoro e anche se, come gli uomini, accusano sintomi depressivi, non giungono quasi mai a gesti estremi per motivi economici ( salvo qualche caso raro, come la pensionata di Gela suicidatasi perché le avevano ridotto la già magra pensione).

Le conseguenze più comuni della disoccupazione nel periodo della mezza età sono, comunque, il senso di fallimento e la perdita di identità. Queste sensazioni penose sono acuite dalla difficoltà oggettiva, per i cinquantenni, di reinserirsi nel circuito produttivo.

In questi casi è facile lasciarsi prendere dallo sconforto e maturare idee distruttive. Quando la rabbia e la disperazione aumentano è bene non tenersi tutto dentro, ma parlarne con i propri cari,  con gli amici, con il medico di famiglia.

I gesti estremi, oltre che dalla disoccupazione, sono facilitati anche dall’isolamento e dalla solitudine che si sviluppano in seguito alla perdita del lavoro.

La speranza e la fiducia in se stessi e nel proprio ruolo si recuperano comunicando agli altri il proprio dolore, anzi esternarlo può essere liberatorio e terapeutico per limitare o scacciare le idee insane causate dalla crisi economica e dalla perdita del lavoro.

Fonte immagine: Vicenzatoday.it

Lascia un commento