Due laureati su tre sono disposti ad abbandonare l’Italia per cercare lavoro. Questa è la risposta dei giovani che si trovano ad un passo dalla laurea alla domanda posta dai ricercatori dell’Ipsos e del Cnel, il Consiglio nazionale per il lavoro. In percentuale nei prossimi 12-18 mesi il 30.2% dei giovani dottori cercherà sicuramente lavoro in un altro Paese, il 33% ci sta pensando seriamente e il 36,8 % giura che rimarrà in Italia.
Siamo a rischio di spopolamento insomma, almeno se prendiamo per vere le affermazioni dei giovani neo laureati e laureandi che di restare in Italia proprio non ne hanno voglia. Domenico De Masi, professore di Sociologia del lavoro alla Sapienza di Roma, non pare particolarmente preoccupato. <<Rispetto al lontano passato, l’Italia offre oggi più lavoro, quindi il laureato non è più costretto ad abbandonare la sua terra e molti giovani, dopo i primi entusiastici slanci, abbandonano l’idea di espatrio >>. Ma è anche vero che se nel 2007 solo il 4% di laureati ha realmente abbandonato il paese, rispetto al 1999 il numero si è triplicato.
Della stessa opinione Elio Ciaccia, consigliere del Cnel, che sottovaluta le affermazioni dei giovani ad un passo dalla laurea, eppure il rischio che due dottori su uno nascondano sotto la tesi il passaporto è reale. Il 75% degli studenti universitari è convinto che l’Italia non offra abbastanza opportunità di lavoro. I motivi che mettono in fuga le giovani menti sono diversi:
- la tendenza delle aziende nostrane a prediligere contratti a termine e precariato;
- difficoltà di essere assunti senza esperienza;
- raccomandazioni diffuse;
- crisi economica.
E’ innegabile che questi elementi siano presenti anche all’estero, seppure, sottolinea Ciaccia <<a differenza di quanto avviene a casa nostra, negli altri paesi europei alla perdita del lavoro corrisponde un sostengo del reddito adeguato, che garantisce maggiore sicurezza al lavoratore>>.
Dalla ricerca del Cnel e dell’Ipsos risultano chiare anche le mete predilette dai giovani studenti:
- Stati uniti al primo posto;
- Inghilterra;
- Germania ma molto indietro rispetto alle precedenti mete;
- Spagna;
- Svezia.
Secondo il consigliere del Cnel molto farebbe nella scelta delle mete, il mito che aleggia intorno a New York e Londra. Per decenni infatti si è detto che negli Stati Uniti non esisteva disoccupazione, e che i giovani intraprendenti e bravi si sarebbero potuti fare da soli. Oggi la disoccupazione invece è un piaga anche per la ricca America.
I giovani oggi cercano dal proprio lavoro un’alta busta paga; all’estero il primo stipendio per un laureato supera i 1700 euro per il 43% degli assunti, un sogno in Italia. E’ molto importante aver la possibilità di far carriera , avere sicurezza che solo un posto fisso può dare, lasciare la mente libera dopo le otto ore lavorative, aver un capo simpatico e un posto d’ufficio. Insomma la filosofia della fatica è completamente scomparsa.
La crisi che attraversano tante piccole e grandi fabbriche è da imputarsi anche a questa nuova tendenza. Il mestiere che è condanna professionale e fine di tutte le aspirazioni? Secondo la ricerca in questione quello dell’operaio considerata mansione fra le meno qualificate. Vengono viste meglio l’operatore di call center, il receptionist, l’impiegato di infimo livello, professioni definite socialmente più accettabili.
Nel libro nero delle mansioni, peggio dell’operaio sono solamente il meccanico, l’idraulico, il parrucchiere, l’estetista, il lavoratore in un fast food, il militare e lo spazzino. Al primo posto sia per diplomati che per laureati il muratore forse perché è uno dei lavori che alla fatica, fugata dalle giovani menti italiane, aggiunge una buona dose di pericolo. Sarà per questo che i muratori iniziano ad essere in buona parte stranieri?